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Dopo due anni di pandemia e la
conseguente sospensione dei viaggi d’istruzione, finalmente quest’anno, dal 1°
aprile, il MIUR ha di nuovo autorizzato i viaggi e noi della terza di
Lunamatrona non ci siamo di certo fatti scappare l’occasione. Scartate le mete
estere per ovvie ragioni, abbiamo subito individuato in Palermo la città che
volevamo visitare.
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Organizzato il viaggio in fretta
e furia il 10 maggio alle 5:00 del mattino siamo partiti da Lunamatrona alla
volta dell’aeroporto di Elmas dove ad attenderci c’era la prof. Garau, l’altra
accompagnatrice oltre a me. Giusto il tempo di bere un caffè e alle 7:55 ci siamo
imbarcati sul volo Ryan Air diretti all’aeroporto Falcone-Borsellino, ex Punta
Raisi, di Palermo. Dopo appena 55’ di volo stiamo già atterrando in una terra,
la Sicilia, che sin da subito ci fa sentire a casa, tanto è simile alla nostra
Sardegna.
Durante il tragitto verso
l’albergo non possiamo che ascoltare le parole del nostro autista che ci mostra
i luoghi della strage di Capaci. Superiamo pensierosi i due obelischi in onore
delle vittime e la casetta bianca abbarbicata sul monte da dove Giovanni Brusca
schiacciò il tasto del telecomando in quel lontano, ma tanto attuale 23 maggio
1992.
In Hotel troviamo un’accoglienza
fuori dal comune. Francesca alla reception in men che non si dica ci ha già
assegnato le camere e comunicato tutte le disposizioni. Ci informa, ahimè, che
l’albergo è pieno e a riempirlo ci sono solo studenti. In totale ci sono circa
200 studenti tra italiani e stranieri. Fortunatamente le nostre camere sono
tutte vicine e questo un po’ ci tranquillizza. Verificato che tutte le camere
siano a posto la nostra prima meta è il mercato di Ballarò. Mentre raggiungiamo
il mercato, partendo dalla zona universitaria dove siamo alloggiati, devo dire
in tutta onestà che il primo approccio con la città non è stato dei migliori.
La città è abbastanza sporca, mal curata e il traffico caotico.
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Arriviamo a
Ballarò e immediatamente ci tuffiamo nella quotidianità dei palermitani.
Colori, aromi, cibi tipici, ma soprattutto "l’abbanniata", le urla tipiche dei
venditori, immediatamente ci affascinano e ci catapultano in un’atmosfera
meravigliosa di caos che ha però un suo senso logico, dove tutto sembra
disorganizzato e fuori dal tempo ma che invece al nostro occhio sembra quasi
poetico.
Da Ballarò ci spostiamo verso piazza
Bellini dove si affacciano la Chiesa della Martorana, San Cataldo e Santa
Caterina.
Come entriamo nella Martorana rimaniamo folgorati dalla immensa
bellezza di questa chiesa arabo-normanna che, dietro a una facciata semplice e lineare,
custodisce al suo interno mosaici e decorazioni che solo quando li vedi ti
rendi conto della loro bellezza.
Per pranzo ci spostiamo verso il Caffè
del Kassero (consigliatissimo se passate a Palermo!) percorrendo quasi tutta la
zona centrale dei 4 Canti e di via Maqueda che a quell’ora è stracolma di
turisti. Il secondo approccio con la cucina siciliana, dopo quello di Ballarò,
è degno della sua fama! Cibi genuini e gustosi a base di pesce spendendo
veramente poco.
Al pomeriggio, tornati in piazza
Bellini, visitiamo la Fontana Pretoria, e subito entriamo nella chiesa di San
Cataldo.
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Questo capolavoro dell’architettura islamica, oggi Patrimonio
dell’Unesco, ti colpisce per la sua semplicità e linearità ma soprattutto
perché tutte le pareti sono di nuda pietra con un solo crocifisso nell’altare
centrale. All’esterno le tre cupole rosse la rendono uno dei simboli della
Palermo islamica. La visita successiva la facciamo nell’adiacente Facoltà di Giurisprudenza
dove studiarono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A colpirci, oltre alla targa
commemorativa in marmo, sono le 54 sculture di cani in ferro e corten a
grandezza naturale disseminate dappertutto.
Ci spostiamo di 50 metri ed
entriamo nella chiesa barocca di Santa Caterina. L’interno è fastoso, ricco di
decorazioni, marmi, dipinti e sculture che donano alla chiesa eleganza e un
senso di profonda ricchezza artistica. Saliamo sui tetti per ammirare la città
dall’alto ma soprattutto ammiriamo la bellezza di piazza Bellini con le sue
chiese e della Fontana Pretoria che dall’alto è ancora più bella e affascinante.
Scendiamo nel monastero, da dove le monache seguivano le funzioni religiose, e
infine nel chiostro che nella sua semplicità ci regala un momento di
tranquillità e spensieratezza.
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Da piazza Bellini percorriamo
tutta via Maqueda, zona pedonale dove però sfrecciano numerosi i monopattini e
i motorini, e raggiungiamo Piazza Verdi per la nostra prossima tappa: il Teatro
Massimo. Abbiamo la visita alle 17.30. Ci uniamo agli altri componenti del
gruppo e la guida ci accompagna con trasporto nel suo racconto di questo
meraviglioso teatro terzo per grandezza in Europa, dopo Parigi e Vienna, e
secondo, per grandezza del suo palco, secondo solo all’Opéra di Parigi. Siamo
fortunati perché si stanno svolgendo le prove del Prometeo e riusciamo ad
ascoltarne un brevissimo assaggio. Prima di congedarsi la guida non può
esimersi dal raccontare il mistero che aleggia dentro il teatro, il fantasma di
una suora, la monachella, che si aggira nei sotterranei del teatro, ma che per
chi non crede alla sua esistenza garantisce l’inciampo sul “gradino della
suora” in prossimità dell’ingresso del teatro lungo la scalinata principale.
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Dal Teatro Massimo proseguiamo
verso nord e dopo circa mezzora arriviamo sotto casa di Giovanni Falcone dove
si erge maestoso e solenne l’albero in sua memoria. Era una tappa a cui
tenevamo molto e vivere questo momento di persona ci commuove ma allo stesso
tempo ci inorgoglisce. I ragazzi scrivono e appendono un pensiero e in silenzio
trascorriamo lì una quindicina di minuti prima di prendere un autobus che ci
riporta in albergo.
La notte è un tripudio di
schiamazzi, musica a tutto volume, fuochi d’artificio e gente che parla sino
alle prime luci dell’alba. In albergo c’è un gruppo di un centinaio di liceali
all’ultimo anno che giustamente intendono rendere memorabile l’ultima gita
insieme.
La sveglia del secondo giorno non
è per nulla traumatica anche perché l’aroma del caffè nostrano e il profumo
delle ciambelle e dei croissant appena sfornati aiutano parecchio.
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La prima tappa la facciamo alla
Vucciria, storico quartiere palermitano, conosciuto ai più soprattutto per il
suo mercato rionale che si dice essere il più antico di Palermo. Arriviamo
presto e le bancarelle sono ancora poche. Perlopiù pesce, frutta e verdura. Ciò
che però ci colpisce maggiormente è il fascino decadente dei vicoli, pieni di
graffiti e riccamente colorati, con i panni stesi in ogni balcone, che
personalmente ho trovato affascinanti e quasi fuori dal tempo. Sempre
percorrendo vicoli e vicoletti sbuchiamo in piazza Marina. Percorriamo i
Giardini Garibaldi e, costeggiando Palazzo Chiaramonte Steri che visiteremo più
tardi, arriviamo a Santa Maria della Catena. La guida, un giovane volontario,
ci narra che la chiesa prende il nome dalla catena che dalla chiesa arrivava
sino al Castello a Mare chiudendo l’antico porto. La leggenda narra però che il
nome derivi dal fatto che tre condannati a morte poco prima dell’esecuzione, a
causa di un nubifragio, furono costretti a rifugiarsi nella chiesetta con i
loro carcerieri. Nella notte i tre invocarono la Vergine Immacolata che sciolse
loro le catene senza far rumore consentendogli di fuggire.
Dietro Santa Maria della Catena
si trova il porto turistico di Palermo, ma soprattutto possiamo ammirare lo
splendido murale dedicato a Falcone e Borsellino realizzato dagli street
artists siciliani Rosk e Loste.
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È anche l’occasione per svagarci e fare la
seconda colazione del mattino prima di arrivare a Palazzo Steri che visitiamo
in tarda mattinata. Il Palazzo è noto per essere stato sede del Tribunale
dell’Inquisizione con all’interno le sue carceri riccamente graffitate dai
condannati. All’interno del palazzo, che oggi ospita il rettorato
dell’Università di Palermo, abbiamo anche potuto ammirare il celebre dipinto di
Renato Guttuso “La Vucciria”, che solo quando lo vedi ti rendi conto della sua
bellezza e del suo fascino.
Il pranzo lo consumiamo in via
Torremuzza. In questa strada, in prossimità di Piazza della Kalsa, ci sono
diverse trattorie che con pochi soldi servono dei piatti eccellenti, con il
pesce arrosto cotto rigorosamente in strada. Ma la cosa veramente sorprendente
è che i ragazzi sono tutti contenti della cucina siciliana.
Mentre passeggiamo pigri nei
vicoli della Kalsa si avvicina un signore distinto e ci consiglia di andare a
visitare Palazzo Mirto. Gli diamo retta e fatti un centinaio di metri troviamo
il palazzo. L’ingresso è gratuito e subito dal cortile interno saliamo le scale
che ci portano al primo piano di uno dei più nobili e antichi palazzi
dell’aristocrazia palermitana.
Nel 1982 l’ultima erede della dinastia nobile
dei Lanza Filangeri donò alla regione l’intero palazzo con tutti i suoi arredi
originali affinché venisse messo a disposizione dei visitatori. Una solerte,
competente e simpatica guida ci accompagna per tutta la visita permettendo al
nostro Radames, uno studente di pianoforte, di suonare l’antichissimo piano che
si trova in una delle sale più riccamente decorate che ricorda perfettamente la
scena del ballo del Gattopardo.
Duecento metri e siamo
all’Oratorio di San Lorenzo. Anche in questo caso la realtà supera di gran
lunga l’immaginazione. L’Oratorio ci colpisce per la ricchezza dei suoi stucchi
bianchi, tanto perfetti che il maestro Giacomo Serpotta è quasi riuscito a
renderli vivi.
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Sopra l’altare campeggia una riproduzione della Pala dipinta da
Caravaggio, “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco”, che venne rubata nel
lontano 1969 e mai ritrovata. Fuori, nel giardino interno, ci attrae una
melodia suonata alla chitarra da un signore che, sentendo il nostro accento, ci
chiede da quale parte della Sardegna veniamo. Incuriositi gli chiediamo come ha
fatto a riconoscere non tanto l’accento inconfondibilmente sardo, quanto la
zona. Ci risponde che ha vissuto circa vent’anni a Porto Torres e ama la
Sardegna come la Sicilia. Rimaniamo ancora qualche minuto ad ascoltarlo suonare
prima di incamminarci nel cuore della Kalsa tra vicoli, murales di indubbio
fascino, ma anche tra palazzi fatiscenti e spesso tanta immondizia, per
arrivare prima all’Oratorio dei Bianchi, decisamente di livello inferiore
rispetto al precedente, e dopo giungere a Santa Maria dello Spasimo.
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Il
Complesso Monumentale di Santa Maria dello Spasimo è una chiesa sconsacrata,
famosa per la sua navata centrale a cielo aperto che ormai è diventato un Teatro
pubblico della città. Qui ci riposiamo ammirandone la particolarità veramente
unica prima di rimetterci in cammino sul lungo mare del Foro Italico per
raggiungere i giardini di Villa Giulia dove, finalmente, possiamo gustare una
delle specialità della pasticceria siciliana: il cannolo. Scusate ma non trovo
aggettivi per descriverlo!
Anche la seconda notte scorre
scoppiettante come la prima, ma la mattina siamo pronti per salire sul pullman
che abbiamo noleggiato per l’escursione al Duomo di Monreale e successivamente
a Cefalù, perla marinara della Sicilia occidentale.
Il Duomo di Monreale, anch’esso Patrimonio
dell’Unesco, è sicuramente una delle più spettacolari cattedrali al mondo. I
mosaici, che impreziosiscono le pareti interne, sono di una bellezza mozzafiato
e il suo organo si compone di ben 10.000 canne. All’interno, la figura del
Cristo Pantocratore sopra l’altare centrale domina su tutta la cattedrale, che
con i suoi 6240 metri quadri di mosaici è seconda al mondo per estensione
solamente alla chiesa di Santa Sofia a Istanbul. Finita la visita del Duomo e
delle sue terrazze ci concediamo una passeggiata e un caffè nella piazza
prospiciente la Cattedrale prima di percorrere i 70 chilometri che ci
porteranno a Cefalù.
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Il borgo marinaro di origini
normanne adagiato sulle rive di un mare limpido e azzurro, ci appare subito un
luogo accogliente, ben tenuto e pieno di turisti. Anche i ragazzi sono
entusiasti e con loro ci addentriamo nelle viuzze del centro storico in cerca
di un posto dove mangiare. Alla fine, optiamo per il lungomare dove un
gentilissimo ristoratore alla tariffa popolare di pochi euro ci fa accomodare all’ombra
degli ombrelloni a cinquanta metri dalla spiaggia. I ragazzi preferiscono
panini e patatine o pizza mentre noi preferiamo la cucina tradizionale del
posto a base di specialità di pesce.
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Il pomeriggio prosegue con la
visita della Cattedrale, bella ma meno ricca di quella di Monreale, situata nella
piazza principale del paese, testimonianza della civiltà normanna in Sicilia.
La sua facciata maestosa, ai cui lati dominano le due torri, regala al visitatore
una sensazione di potere e forza. Anche qui, nell’abside centrale, domina la
figura del Cristo Pantocratore che in questo caso è dipinto e non a mosaico. Impressionante
la visita delle torri e delle terrazze che regalano una vista impareggiabile
della rocca sul mare.
Il rientro a Palermo è
sonnacchioso ma ricco di buoni propositi perché meditiamo di organizzarci per
uscire dopo cena per ammirare e scoprire la Palermo notturna. Fra i ragazzi si
formano due correnti, la prima opterebbe per stare in albergo; la seconda, la
più numerosa e che sposa anche i nostri desideri, è propensa all’uscita.
All’ora di cena la fazione dei “pigri” si allarga ma ormai la decisione è presa
e verso le 21.30 prendiamo l’autobus direzione Teatro Massimo. Ci arriviamo
dopo una ventina di minuti e vi confesso che vedere il teatro riccamente
illuminato con Piazza Verdi piena di gente e il sottofondo della musica di un
gruppo di artisti di strada è davvero eccitante e ci incoraggia a tuffarci
nella marea umana che scorre pigra e lenta in via Maqueda.
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La percorriamo tutta
sino ai Quattro Canti e ci rendiamo conto di come le persone, giovani e meno
giovani, hanno voglia di riprendersi il tempo perduto, affollando bar, locali e
ristoranti o passeggiando semplicemente in strada quasi a voler dimenticare
quello che è stato. Ammiriamo la Fontana Pretoria ma quello che più ci piace lo
troviamo in piazza Bellini dove un gruppo di persone balla un ballo di gruppo
antico formando un grande cerchio e a fare da cornice le meravigliose facciate
delle chiese visitate il primo giorno. Assistiamo un po’ rapiti a quel ballo fuori
dal tempo prima di ripercorrere la stessa strada dell’andata con l’illusione di
prendere un autobus che ci riporti in Albergo. Dopo aver consultato le
indicazioni alla fermata dell’autobus scopriamo che a quell’ora passano solo i
notturni ma di autobus nemmeno l’ombra. A quel punto decidiamo di incamminarci
verso l’hotel che raggiungiamo dopo circa 45’ e mancano 20’ all’una.
Il venerdì non inizia sotto i
migliori auspici. La notte prima un ragazzo non è stato molto bene e la mattina
non è in gran forma ma è deciso ugualmente a continuare il viaggio senza
interruzioni. Ci incamminiamo verso il Palazzo Reale dei Normanni che dista
pochi minuti dal nostro albergo. La mattina è calda e poco ventilata. Facciamo
tutte le code di rito per entrare a palazzo dove la sicurezza è ai massimi
livelli perché nello stesso edificio ha sede l’Assemblea regionale che il
giorno si riunisce in seduta straordinaria. Per noi è una brutta notizia perché
quando si riunisce l’Assemblea gli appartamenti reali sono interdetti. Ci
avviamo verso la Cappella Palatina così come fanno tantissime altre scolaresche
e gruppi di turisti. D’altronde la Cappella è il fiore all’occhiello di Palermo
e tutti la vogliono visitare. Appena è il nostro turno entriamo e mai avremmo
immaginato di trovarci al cospetto di tanta bellezza.
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Se è vero che Guy de Maupassant
la definì la più bella chiesa al mondo e se è vero che le diverse classifiche
collocano questa chiesa sicuramente fra le più belle al mondo, lo spettacolo a
cui assistiamo vale da solo il viaggio a Palermo. All’interno le decorazioni di
marmo, i mosaici sempre di marmo dei pavimenti e delle pareti, i dipinti
islamici delle pareti, ma soprattutto i mosaici bizantini rivestiti da una
sottile lamina d’oro ne fanno un gioiello architettonico in cui le diverse
culture si mescolano assieme dando vita ad un’opera unica al mondo. Usciti
dalla Cappella torniamo immediatamente coi piedi per terra e assistiti dal gentilissimo
personale del posto decidiamo di rivolgerci al medico del palazzo per un
consulto al ragazzo che continua a non essere in piena forma. La dottoressa è
gentile e premurosa e ci rassicura dicendoci che il ragazzo ha solo bisogno di
essere reidratato e fatto riposare. Ci dirigiamo ai giardini reali che si
trovano di fronte al palazzo e ordiniamo subito una limonata e dei grissini. Ma
la tregua dura poco. Un’altra ragazza accusa un malore e non ci rimane che
chiamare il 118. Anche in questo caso medici e infermieri ci rassicurano e come
prima ci consigliano un po’ di riposo. A quel punto ci trasferiamo un centinaio
di metri più avanti, verso la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti che
visitiamo velocemente in attesa del taxi per riportare in albergo i due
ragazzi.
Giunti tutti in albergo si mangia
nelle camere e solo verso le 16.30 andiamo a svegliare i due ragazzi che non
stavano bene. Purtroppo, una di loro sta decisamente peggio e non ci rimane che
richiedere un ulteriore consulto medico che si conclude con quello che prima di
partire abbiamo sì messo in conto ma che però non avremmo mai voluto sentire.
Avviamo tutta la procedura anti-covid raccordandoci con la famiglia, la
dirigenza e l’assicurazione e decidiamo a quel punto che per noi il viaggio
finisce li.
L’indomani Io parto con i ragazzi
all’ora stabilita mentre Stefania si trattiene un’altra notte a Palermo in
attesa che un genitore della ragazza ci raggiunga.
Ora che abbiamo abbondantemente
pagato il nostro tributo al Covid riemergono e rimangono soprattutto i bei
ricordi. Il ricordo di una città indubbiamente con molte contraddizioni ma che
pian piano ti entra nel cuore e l’apprezzi così com’è. La gente cordialissima e
molto generosa ti fa sempre sentire a casa, come in albergo dove appena saputa
la disavventura si son fatti in quattro per renderci ogni difficoltà
superabile. La sporcizia e la decadenza dei palazzi è ben ripagata dalle
meraviglie che questa città ti sa offrire. La cucina e la pasticceria sono
superlative e tutto ti viene offerto senza spendere un patrimonio, con
naturalezza e con estrema cordialità. I mercati con i loro colori, i profumi la
schiettezza delle persone ti fanno capire quanto può essere doloroso portarsi
dietro il fardello di essere conosciuti più per la mafia che per le loro
bellezze.
Ci è mancata la visita della Cattedrale
e di qualche altra cosa ma non ha importanza perché al rientro ci siamo detti
che tanto prima o poi ci saremo tornati.
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