10 giugno 2022

Palermo - Diario di viaggio e VideoRacconto

Dopo due anni di pandemia e la conseguente sospensione dei viaggi d’istruzione, finalmente quest’anno, dal 1° aprile, il MIUR ha di nuovo autorizzato i viaggi e noi della terza di Lunamatrona non ci siamo di certo fatti scappare l’occasione. Scartate le mete estere per ovvie ragioni, abbiamo subito individuato in Palermo la città che volevamo visitare.

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Organizzato il viaggio in fretta e furia il 10 maggio alle 5:00 del mattino siamo partiti da Lunamatrona alla volta dell’aeroporto di Elmas dove ad attenderci c’era la prof. Garau, l’altra accompagnatrice oltre a me. Giusto il tempo di bere un caffè e alle 7:55 ci siamo imbarcati sul volo Ryan Air diretti all’aeroporto Falcone-Borsellino, ex Punta Raisi, di Palermo. Dopo appena 55’ di volo stiamo già atterrando in una terra, la Sicilia, che sin da subito ci fa sentire a casa, tanto è simile alla nostra Sardegna.

Durante il tragitto verso l’albergo non possiamo che ascoltare le parole del nostro autista che ci mostra i luoghi della strage di Capaci. Superiamo pensierosi i due obelischi in onore delle vittime e la casetta bianca abbarbicata sul monte da dove Giovanni Brusca schiacciò il tasto del telecomando in quel lontano, ma tanto attuale 23 maggio 1992.

In Hotel troviamo un’accoglienza fuori dal comune. Francesca alla reception in men che non si dica ci ha già assegnato le camere e comunicato tutte le disposizioni. Ci informa, ahimè, che l’albergo è pieno e a riempirlo ci sono solo studenti. In totale ci sono circa 200 studenti tra italiani e stranieri. Fortunatamente le nostre camere sono tutte vicine e questo un po’ ci tranquillizza. Verificato che tutte le camere siano a posto la nostra prima meta è il mercato di Ballarò. Mentre raggiungiamo il mercato, partendo dalla zona universitaria dove siamo alloggiati, devo dire in tutta onestà che il primo approccio con la città non è stato dei migliori. La città è abbastanza sporca, mal curata e il traffico caotico.

Arriviamo a Ballarò e immediatamente ci tuffiamo nella quotidianità dei palermitani. Colori, aromi, cibi tipici, ma soprattutto "l’abbanniata", le urla tipiche dei venditori, immediatamente ci affascinano e ci catapultano in un’atmosfera meravigliosa di caos che ha però un suo senso logico, dove tutto sembra disorganizzato e fuori dal tempo ma che invece al nostro occhio sembra quasi poetico.

Da Ballarò ci spostiamo verso piazza Bellini dove si affacciano la Chiesa della Martorana, San Cataldo e Santa Caterina.

Come entriamo nella Martorana rimaniamo folgorati dalla immensa bellezza di questa chiesa arabo-normanna che, dietro a una facciata semplice e lineare, custodisce al suo interno mosaici e decorazioni che solo quando li vedi ti rendi conto della loro bellezza. 

Per pranzo ci spostiamo verso il Caffè del Kassero (consigliatissimo se passate a Palermo!) percorrendo quasi tutta la zona centrale dei 4 Canti e di via Maqueda che a quell’ora è stracolma di turisti. Il secondo approccio con la cucina siciliana, dopo quello di Ballarò, è degno della sua fama! Cibi genuini e gustosi a base di pesce spendendo veramente poco.

Al pomeriggio, tornati in piazza Bellini, visitiamo la Fontana Pretoria, e subito entriamo nella chiesa di San Cataldo.

Questo capolavoro dell’architettura islamica, oggi Patrimonio dell’Unesco, ti colpisce per la sua semplicità e linearità ma soprattutto perché tutte le pareti sono di nuda pietra con un solo crocifisso nell’altare centrale. All’esterno le tre cupole rosse la rendono uno dei simboli della Palermo islamica. La visita successiva la facciamo nell’adiacente Facoltà di Giurisprudenza dove studiarono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A colpirci, oltre alla targa commemorativa in marmo, sono le 54 sculture di cani in ferro e corten a grandezza naturale disseminate dappertutto. 

Ci spostiamo di 50 metri ed entriamo nella chiesa barocca di Santa Caterina. L’interno è fastoso, ricco di decorazioni, marmi, dipinti e sculture che donano alla chiesa eleganza e un senso di profonda ricchezza artistica. Saliamo sui tetti per ammirare la città dall’alto ma soprattutto ammiriamo la bellezza di piazza Bellini con le sue chiese e della Fontana Pretoria che dall’alto è ancora più bella e affascinante.


Scendiamo nel monastero, da dove le monache seguivano le funzioni religiose, e infine nel chiostro che nella sua semplicità ci regala un momento di tranquillità e spensieratezza. 

Da piazza Bellini percorriamo tutta via Maqueda, zona pedonale dove però sfrecciano numerosi i monopattini e i motorini, e raggiungiamo Piazza Verdi per la nostra prossima tappa: il Teatro Massimo. Abbiamo la visita alle 17.30. Ci uniamo agli altri componenti del gruppo e la guida ci accompagna con trasporto nel suo racconto di questo meraviglioso teatro terzo per grandezza in Europa, dopo Parigi e Vienna, e secondo, per grandezza del suo palco, secondo solo all’Opéra di Parigi. Siamo fortunati perché si stanno svolgendo le prove del Prometeo e riusciamo ad ascoltarne un brevissimo assaggio. Prima di congedarsi la guida non può esimersi dal raccontare il mistero che aleggia dentro il teatro, il fantasma di una suora, la monachella, che si aggira nei sotterranei del teatro, ma che per chi non crede alla sua esistenza garantisce l’inciampo sul “gradino della suora” in prossimità dell’ingresso del teatro lungo la scalinata principale.

Dal Teatro Massimo proseguiamo verso nord e dopo circa mezzora arriviamo sotto casa di Giovanni Falcone dove si erge maestoso e solenne l’albero in sua memoria. Era una tappa a cui tenevamo molto e vivere questo momento di persona ci commuove ma allo stesso tempo ci inorgoglisce. I ragazzi scrivono e appendono un pensiero e in silenzio trascorriamo lì una quindicina di minuti prima di prendere un autobus che ci riporta in albergo.

La notte è un tripudio di schiamazzi, musica a tutto volume, fuochi d’artificio e gente che parla sino alle prime luci dell’alba. In albergo c’è un gruppo di un centinaio di liceali all’ultimo anno che giustamente intendono rendere memorabile l’ultima gita insieme.

La sveglia del secondo giorno non è per nulla traumatica anche perché l’aroma del caffè nostrano e il profumo delle ciambelle e dei croissant appena sfornati aiutano parecchio.

La prima tappa la facciamo alla Vucciria, storico quartiere palermitano, conosciuto ai più soprattutto per il suo mercato rionale che si dice essere il più antico di Palermo. Arriviamo presto e le bancarelle sono ancora poche. Perlopiù pesce, frutta e verdura. Ciò che però ci colpisce maggiormente è il fascino decadente dei vicoli, pieni di graffiti e riccamente colorati, con i panni stesi in ogni balcone, che personalmente ho trovato affascinanti e quasi fuori dal tempo. Sempre percorrendo vicoli e vicoletti sbuchiamo in piazza Marina. Percorriamo i Giardini Garibaldi e, costeggiando Palazzo Chiaramonte Steri che visiteremo più tardi, arriviamo a Santa Maria della Catena. La guida, un giovane volontario, ci narra che la chiesa prende il nome dalla catena che dalla chiesa arrivava sino al Castello a Mare chiudendo l’antico porto. La leggenda narra però che il nome derivi dal fatto che tre condannati a morte poco prima dell’esecuzione, a causa di un nubifragio, furono costretti a rifugiarsi nella chiesetta con i loro carcerieri. Nella notte i tre invocarono la Vergine Immacolata che sciolse loro le catene senza far rumore consentendogli di fuggire.

Dietro Santa Maria della Catena si trova il porto turistico di Palermo, ma soprattutto possiamo ammirare lo splendido murale dedicato a Falcone e Borsellino realizzato dagli street artists siciliani Rosk e Loste. 

È anche l’occasione per svagarci e fare la seconda colazione del mattino prima di arrivare a Palazzo Steri che visitiamo in tarda mattinata. Il Palazzo è noto per essere stato sede del Tribunale dell’Inquisizione con all’interno le sue carceri riccamente graffitate dai condannati. All’interno del palazzo, che oggi ospita il rettorato dell’Università di Palermo, abbiamo anche potuto ammirare il celebre dipinto di Renato Guttuso “La Vucciria”, che solo quando lo vedi ti rendi conto della sua bellezza e del suo fascino.


Il pranzo lo consumiamo in via Torremuzza. In questa strada, in prossimità di Piazza della Kalsa, ci sono diverse trattorie che con pochi soldi servono dei piatti eccellenti, con il pesce arrosto cotto rigorosamente in strada. Ma la cosa veramente sorprendente è che i ragazzi sono tutti contenti della cucina siciliana.

Mentre passeggiamo pigri nei vicoli della Kalsa si avvicina un signore distinto e ci consiglia di andare a visitare Palazzo Mirto. Gli diamo retta e fatti un centinaio di metri troviamo il palazzo. L’ingresso è gratuito e subito dal cortile interno saliamo le scale che ci portano al primo piano di uno dei più nobili e antichi palazzi dell’aristocrazia palermitana.

Nel 1982 l’ultima erede della dinastia nobile dei Lanza Filangeri donò alla regione l’intero palazzo con tutti i suoi arredi originali affinché venisse messo a disposizione dei visitatori. Una solerte, competente e simpatica guida ci accompagna per tutta la visita permettendo al nostro Radames, uno studente di pianoforte, di suonare l’antichissimo piano che si trova in una delle sale più riccamente decorate che ricorda perfettamente la scena del ballo del Gattopardo.

Duecento metri e siamo all’Oratorio di San Lorenzo. Anche in questo caso la realtà supera di gran lunga l’immaginazione. L’Oratorio ci colpisce per la ricchezza dei suoi stucchi bianchi, tanto perfetti che il maestro Giacomo Serpotta è quasi riuscito a renderli vivi.

Sopra l’altare campeggia una riproduzione della Pala dipinta da Caravaggio, “Natività con i Santi Lorenzo e Francesco”, che venne rubata nel lontano 1969 e mai ritrovata. Fuori, nel giardino interno, ci attrae una melodia suonata alla chitarra da un signore che, sentendo il nostro accento, ci chiede da quale parte della Sardegna veniamo. Incuriositi gli chiediamo come ha fatto a riconoscere non tanto l’accento inconfondibilmente sardo, quanto la zona. Ci risponde che ha vissuto circa vent’anni a Porto Torres e ama la Sardegna come la Sicilia. Rimaniamo ancora qualche minuto ad ascoltarlo suonare prima di incamminarci nel cuore della Kalsa tra vicoli, murales di indubbio fascino, ma anche tra palazzi fatiscenti e spesso tanta immondizia, per arrivare prima all’Oratorio dei Bianchi, decisamente di livello inferiore rispetto al precedente, e dopo giungere a Santa Maria dello Spasimo.


Il Complesso Monumentale di Santa Maria dello Spasimo è una chiesa sconsacrata, famosa per la sua navata centrale a cielo aperto che ormai è diventato un Teatro pubblico della città. Qui ci riposiamo ammirandone la particolarità veramente unica prima di rimetterci in cammino sul lungo mare del Foro Italico per raggiungere i giardini di Villa Giulia dove, finalmente, possiamo gustare una delle specialità della pasticceria siciliana: il cannolo. Scusate ma non trovo aggettivi per descriverlo!

Anche la seconda notte scorre scoppiettante come la prima, ma la mattina siamo pronti per salire sul pullman che abbiamo noleggiato per l’escursione al Duomo di Monreale e successivamente a Cefalù, perla marinara della Sicilia occidentale.


Il Duomo di Monreale, anch’esso Patrimonio dell’Unesco, è sicuramente una delle più spettacolari cattedrali al mondo. I mosaici, che impreziosiscono le pareti interne, sono di una bellezza mozzafiato e il suo organo si compone di ben 10.000 canne. All’interno, la figura del Cristo Pantocratore sopra l’altare centrale domina su tutta la cattedrale, che con i suoi 6240 metri quadri di mosaici è seconda al mondo per estensione solamente alla chiesa di Santa Sofia a Istanbul. Finita la visita del Duomo e delle sue terrazze ci concediamo una passeggiata e un caffè nella piazza prospiciente la Cattedrale prima di percorrere i 70 chilometri che ci porteranno a Cefalù.

Il borgo marinaro di origini normanne adagiato sulle rive di un mare limpido e azzurro, ci appare subito un luogo accogliente, ben tenuto e pieno di turisti. Anche i ragazzi sono entusiasti e con loro ci addentriamo nelle viuzze del centro storico in cerca di un posto dove mangiare. Alla fine, optiamo per il lungomare dove un gentilissimo ristoratore alla tariffa popolare di pochi euro ci fa accomodare all’ombra degli ombrelloni a cinquanta metri dalla spiaggia. I ragazzi preferiscono panini e patatine o pizza mentre noi preferiamo la cucina tradizionale del posto a base di specialità di pesce. 

Il pomeriggio prosegue con la visita della Cattedrale, bella ma meno ricca di quella di Monreale, situata nella piazza principale del paese, testimonianza della civiltà normanna in Sicilia. La sua facciata maestosa, ai cui lati dominano le due torri, regala al visitatore una sensazione di potere e forza. Anche qui, nell’abside centrale, domina la figura del Cristo Pantocratore che in questo caso è dipinto e non a mosaico. Impressionante la visita delle torri e delle terrazze che regalano una vista impareggiabile della rocca sul mare.

Il rientro a Palermo è sonnacchioso ma ricco di buoni propositi perché meditiamo di organizzarci per uscire dopo cena per ammirare e scoprire la Palermo notturna. Fra i ragazzi si formano due correnti, la prima opterebbe per stare in albergo; la seconda, la più numerosa e che sposa anche i nostri desideri, è propensa all’uscita. All’ora di cena la fazione dei “pigri” si allarga ma ormai la decisione è presa e verso le 21.30 prendiamo l’autobus direzione Teatro Massimo. Ci arriviamo dopo una ventina di minuti e vi confesso che vedere il teatro riccamente illuminato con Piazza Verdi piena di gente e il sottofondo della musica di un gruppo di artisti di strada è davvero eccitante e ci incoraggia a tuffarci nella marea umana che scorre pigra e lenta in via Maqueda.

La percorriamo tutta sino ai Quattro Canti e ci rendiamo conto di come le persone, giovani e meno giovani, hanno voglia di riprendersi il tempo perduto, affollando bar, locali e ristoranti o passeggiando semplicemente in strada quasi a voler dimenticare quello che è stato. Ammiriamo la Fontana Pretoria ma quello che più ci piace lo troviamo in piazza Bellini dove un gruppo di persone balla un ballo di gruppo antico formando un grande cerchio e a fare da cornice le meravigliose facciate delle chiese visitate il primo giorno. Assistiamo un po’ rapiti a quel ballo fuori dal tempo prima di ripercorrere la stessa strada dell’andata con l’illusione di prendere un autobus che ci riporti in Albergo. Dopo aver consultato le indicazioni alla fermata dell’autobus scopriamo che a quell’ora passano solo i notturni ma di autobus nemmeno l’ombra. A quel punto decidiamo di incamminarci verso l’hotel che raggiungiamo dopo circa 45’ e mancano 20’ all’una. 

Il venerdì non inizia sotto i migliori auspici. La notte prima un ragazzo non è stato molto bene e la mattina non è in gran forma ma è deciso ugualmente a continuare il viaggio senza interruzioni. Ci incamminiamo verso il Palazzo Reale dei Normanni che dista pochi minuti dal nostro albergo. La mattina è calda e poco ventilata. Facciamo tutte le code di rito per entrare a palazzo dove la sicurezza è ai massimi livelli perché nello stesso edificio ha sede l’Assemblea regionale che il giorno si riunisce in seduta straordinaria. Per noi è una brutta notizia perché quando si riunisce l’Assemblea gli appartamenti reali sono interdetti. Ci avviamo verso la Cappella Palatina così come fanno tantissime altre scolaresche e gruppi di turisti. D’altronde la Cappella è il fiore all’occhiello di Palermo e tutti la vogliono visitare. Appena è il nostro turno entriamo e mai avremmo immaginato di trovarci al cospetto di tanta bellezza.


Se è vero che Guy de Maupassant la definì la più bella chiesa al mondo e se è vero che le diverse classifiche collocano questa chiesa sicuramente fra le più belle al mondo, lo spettacolo a cui assistiamo vale da solo il viaggio a Palermo. All’interno le decorazioni di marmo, i mosaici sempre di marmo dei pavimenti e delle pareti, i dipinti islamici delle pareti, ma soprattutto i mosaici bizantini rivestiti da una sottile lamina d’oro ne fanno un gioiello architettonico in cui le diverse culture si mescolano assieme dando vita ad un’opera unica al mondo. Usciti dalla Cappella torniamo immediatamente coi piedi per terra e assistiti dal gentilissimo personale del posto decidiamo di rivolgerci al medico del palazzo per un consulto al ragazzo che continua a non essere in piena forma. La dottoressa è gentile e premurosa e ci rassicura dicendoci che il ragazzo ha solo bisogno di essere reidratato e fatto riposare. Ci dirigiamo ai giardini reali che si trovano di fronte al palazzo e ordiniamo subito una limonata e dei grissini. Ma la tregua dura poco. Un’altra ragazza accusa un malore e non ci rimane che chiamare il 118. Anche in questo caso medici e infermieri ci rassicurano e come prima ci consigliano un po’ di riposo. A quel punto ci trasferiamo un centinaio di metri più avanti, verso la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti che visitiamo velocemente in attesa del taxi per riportare in albergo i due ragazzi.

Giunti tutti in albergo si mangia nelle camere e solo verso le 16.30 andiamo a svegliare i due ragazzi che non stavano bene. Purtroppo, una di loro sta decisamente peggio e non ci rimane che richiedere un ulteriore consulto medico che si conclude con quello che prima di partire abbiamo sì messo in conto ma che però non avremmo mai voluto sentire. Avviamo tutta la procedura anti-covid raccordandoci con la famiglia, la dirigenza e l’assicurazione e decidiamo a quel punto che per noi il viaggio finisce li.

L’indomani Io parto con i ragazzi all’ora stabilita mentre Stefania si trattiene un’altra notte a Palermo in attesa che un genitore della ragazza ci raggiunga.

Ora che abbiamo abbondantemente pagato il nostro tributo al Covid riemergono e rimangono soprattutto i bei ricordi. Il ricordo di una città indubbiamente con molte contraddizioni ma che pian piano ti entra nel cuore e l’apprezzi così com’è. La gente cordialissima e molto generosa ti fa sempre sentire a casa, come in albergo dove appena saputa la disavventura si son fatti in quattro per renderci ogni difficoltà superabile. La sporcizia e la decadenza dei palazzi è ben ripagata dalle meraviglie che questa città ti sa offrire. La cucina e la pasticceria sono superlative e tutto ti viene offerto senza spendere un patrimonio, con naturalezza e con estrema cordialità. I mercati con i loro colori, i profumi la schiettezza delle persone ti fanno capire quanto può essere doloroso portarsi dietro il fardello di essere conosciuti più per la mafia che per le loro bellezze.

Ci è mancata la visita della Cattedrale e di qualche altra cosa ma non ha importanza perché al rientro ci siamo detti che tanto prima o poi ci saremo tornati.

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